Dojo Kun precetti e regole del Dojo
a traduzione letterale del termine Dojo Kun è “Regole del luogo ove si ricerca la Via”. Sono 5 regole comportamentali che si recitano, in genere, al termine di ogni seduta di allenamento, durante il saluto finale.
La tradizione narra che il primo Maestro ad introdurre i precetti del Dojo Kun sia stato Sakugawa Tode, intorno al XVIII sec., (1733-1815), ispirandosi agli insegnamenti dell’etica confuciana, secondo cui la virtù è una ricchezza interiore accessibile a chiunque, attraverso una giusta educazione. Il Dojo Kun, per alcuni studiosi, è stato introdotto nella tradizione del Karate per garantire la condotta corretta dei suoi praticanti. Un codice comportamentale da rispettare anche al di fuori dell'ambiente proprio del Karate.
“Vincere senza combattere” Questo è il fine ultimo del KARATE (M°. Funakoshi).
In Occidente le regole del Dojo Kun sono state tradotte dalla lingua giapponese con i caratteri romani detti “ROMĀJI”. La scrittura “HIRAGANA”, o “KATAKANA”, ma soprattutto, i caratteri giapponesi KANJI, più conosciuti col nome ideogrammi, non sono culturalmente traducibili. Esprimono un concetto più che una parola. Pertanto, ogni frase, può assumere sfumature diverse nell'interpretazione, pur mantenendo inalterato il significato essenziale.
Le parole chiave di ogni frase si possono identificare in 5 concetti principali, quali carattere (JINKAKU), sincerità (MAKOTO), costanza (DORYOKU), rispetto (REIGI) e autocontrollo (KEKKI).
DOJO KUN (Le parole tra parentesi indicano la pronuncia)
1) Hitotsu jinkaku kansei ni tsutomuru koto (itots gincacu cansei ni sutomurokoto)
2) Hitotsu makoto no michi o mamoru koto (itots macoto no mici o mamurokoto)
3) Hitotsu doryoku no seishin o yashinau koto (itots dorioku no seiscin o iascinaokoto)
4) Hitotsu reihi o omonnzuru koto (itots reighi o monzurokoto)
5) Hitotsu kekki no yu o imashimuru koto (itots checchi no iuo imashimerukoto)
Traduzione
Hitotsu significa primo, ciò per evidenziare che tutti i punti sono importanti in egual misura.
1. Primo: impegnati nel perfezionare il carattere.
2. Primo: persegui la strada della sincerità.
3. Primo: rafforza instancabilmente lo spirito.
4. Primo: osserva un comportamento impeccabile all’insegna del rispetto universale.
5. Primo: astieniti dalla violenza e acquisisci l'autocontrollo o acquisisci con coraggio, il controllo sul tuo spirito istintivo.
La prima regola evidenzia l'importanza dell'equilibrio tra corpo e spirito. Il praticante deve affrontare le difficoltà quotidiane con lo stesso atteggiamento con cui intraprende l'esercizio fisico. Un atteggiamento che dovrà tendere al miglioramento di sé, con uno spirito sempre vigile e analitico che deve guidarlo in tutte le situazioni della vita: confusione, pregiudizio, presunzione, egoismo, sopravvalutazione di sé stessi, ingiustizia, autocommiserazione e sentimenti incontrollati ostacolano il progresso sulla Via. Imparare a gestire la propria interiorità, al contrario, aiuta a raggiungere l'equilibrio. Da notare, inoltre, che l'allenamento fisico, con l'avanzare degli anni, conosce necessariamente delle limitazioni, lo spirito, invece, deve e può essere perfezionato fino alla morte
La seconda regola si esprime sulla condotta di vita dell'uomo e sulla disponibilità a riconoscere il giusto rapporto tra se stessi e ciò che si ha attorno. Solo nella verità l'uomo è libero, la pratica di questo principio rende consapevoli, umili e giusti, presupposto fondamentale per costruire giuste e rette relazioni con le altre persone. Solo attraverso una giusta mediazione tra le proprie esigenze e l'apertura verso gli altri, in un equilibrio tra la pretesa personale e la disponibilità verso gli altri, in un contesto che prevede una comunicazione aperta e lontana da egoismi, può realizzarsi la crescita dell’uomo.
La terza regola guarda alla realizzazione dell'uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita. Legata ai due principi sopra esposti, introduce la necessità, per il raggiungimento di un qualsiasi obiettivo, di autodisciplina, costanza e perseveranza. Nella vita non basta individuare un obiettivo perché esso si realizzi, a questo dovrà essere associato un comportamento maturo, frutto di una giusta condotta, al senso della misura e alla conoscenza.
La quarta regola si riferisce alle norme comportamentali che devono divenire linea di condotta. Un giusto comportamento rende possibile la comunicazione con gli altri e contribuisce a mantenere l'armonia nelle relazioni interpersonali. Un comportamento impeccabile comunica all’altro la disponibilità di un contatto; le buone maniere impediscono che la franchezza, l’onestà possano tramutarsi in grossolanità, il coraggio in rifiuto, l'umiltà in sottomissione, il rispetto in servilismo e la cautela in timore. Solo attraverso uno stile di condotta idoneo, cortese (nel suo significato più profondo) si riesce a realizzare e mantenere la pace e l'armonia tra le persone.
Ricordiamo una delle massime del M° Funakoshi: “Senza cortesia viene meno il valore del karate e il karate inizia col saluto e finisce col saluto”. Egli definì cortesia e rispetto le basi di ogni educazione ed il saluto il loro simbolo più importante. Il modo in cui si effettua il saluto è specchio di sé, i modi sbagliati non sono sempre voluti, talvolta sono espressione di una manifestazione di protezione e timidezza, una maschera. Per questo nelle arti marziali l'etichetta non è solo forma, ma vera e propria via per la ricerca della verità interiore, poiché la pratica impone che la persona osservi e valuti correttamente il proprio comportamento nei confronti degli altri e di sé stesso.
Il quinto principio pone al centro del suo messaggio la condotta. Essa è responsabile della formazione di un carattere degno dell'essere umano e della sua convivenza con gli altri. L’uomo, a differenza delle altre specie viventi, è dotato di intelletto. Grazie ad esso può creare modelli validi, che oltrepassino il mero istinto. Il controllo delle proprie azioni, porta alla rinuncia della violenza fisica, definendo il ricorso alla violenza indegno per l'uomo. Nel karate, si ricercano l'autocontrollo e la gestione del comportamento. Funakoshi disse: “nel karate non c'è chi attacca per primo” intendo con ciò, che l'uomo, in quanto essere dotato di intelletto, ha la capacità di trovare le vie della non violenza affrontando le situazioni con un atteggiamento di controllo del proprio io. Questa via, risulta essere forse la più difficile, in quanto per poter percorrerla dobbiamo essere disposti ad andare intimamente dentro noi stessi, accettando i limiti e esaltando le risorse del proprio sé.